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domenica 15 novembre 2020

A tempo e fuori tempo

Alle volte mi capita di danzare a tempo, altre volte invece sono proprio fuori tempo. 
Dipende dal pezzo che suonano, se la musica mi entra dentro non mi fermo più. 
Quando però, nel bel mezzo della danza, la musica cambia e i brani non mi emozionano, io non ballo più. Mi fermo e resto a guardare gli altri in un angolo della pista. 
A volte però capita che certi pezzi a me sgraditi durino poco, per fortuna, allora ancora caldo torno in pista e riprendo la mia danza. Altre volte invece l’odiosa armonia si dilunga e star fermo mi raffreddo, mi viene voglia di andare via.
Vedo gente che si scatena e si diverte su ogni brano, in ogni genere musicale. 
Vedo anche chi ci prova con il sorriso sulla bocca, e pure chi non riesce e si muove lentamente.
Io non danzo se non esplodo di gioia, non ci provo neanche se non a questa condizione. 
Speriamo non suonino troppo a lungo brani a me molesti perché io non ballo, mi fermo e mi raffreddo, e se poi mi raffreddo in pista non ci torno più, anche se è la musica che più sento. 
Resto a bordo pista, resto a guardare sperando ritorni l’avvolgente ritmo che mi diverte e appassiona quando ci sto dentro e che rabbia mi procura a rimanerne fuori.

mercoledì 1 aprile 2020

Una finestra sul mondo


Una finestra sul mondo (brevi riflessioni)

Le volte che dalla finestra del mio eremo osservo il mondo non le conto più. Il mondo reale e non quello falsato dalle finestre del mio pc che per quanto si aprano a milioni su paesaggi, pensieri e azioni, mai riusciranno a colmare la mia sete di vita.
La cornice di una finestra, che da sempre mostra una eccitante realtà accessibile, oggi si è trasformata, per insensate ragioni, in un varco che definisce uno spazio, una dimensione desiderata ma al contempo proibita.
L'icona medievale non necessitava di una cornice che la circoscrivesse, l'icona era realtà, presenza del sacro in terra. A partire dal Rinascimento la pittura imita invece il mondo reale e la cornice diviene necessaria come definizione di uno spazio. Questo per mostrarvi come, in questi tristi giorni, qualcuno o qualcosa ha racchiuso le nostre vite in una cornice, la vita in una pessima imitazione.
Una finestra svolge oggi due funzioni sottraendole al dipinto che da sempre espone in senso inverso: racchiude e separa lo spazio della realtà da quello della parete e nello stesso momento lo rende simile a un quadro. Ecco che la vita, la realtà esterna se così vogliamo, si trasforma in una dimensione diversa da quella che viviamo e la finestra diventa un varco verso un luogo non accessibile e dunque immaginario come un dipinto.
Alla luce di ciò, non posso non pensare che a Magritte e ai suoi dipinti quadro-finestra che molti di voi conosceranno, e al suo pensiero sulla condizione umana. Secondo Magritte la conoscenza, e dunque la coscienza, è sempre il risultato di quanto ci viene insegnato a percepire, in questo caso aggiungerei permesso.
Ci viene permesso di percepire una realtà circostante molto limitata (dentro quattro mura) ma allo stesso tempo ci si illude del contrario per mezzo di milioni di finestre che con un clic apriamo sul nostro pc. La conoscenza percepita in questo modo non è nient'altro che un siero imbonitore che nulla ha a che vedere con la realtà e con la nostra crescita personale. Che si tratti di un giorno, un mese, un anno, poco importa poiché la coscienza, che registra sul nostro pentagramma anche il sospiro più lieve, verrà perennemente modificata.
Per cui, l'essere ottimisti perché certi che tutto questo finirà, è alquanto sciocco, poiché il ritorno alla normalità non cancellerà mai ciò che sta accadendo alle nostre coscienze contaminate!

Quarantena


E anche stamattina sono rimasto a letto fino alle undici, e anche stamattina mi sono alzato dal letto fiacco come non lo sono mai stato.
Non mi chiedo più neanche il perché ormai, le mie notti sono interminabili, sono diventato un animaletto notturno. Forse un pipistrello, per rimanere in tema.
Che cazzo c'avrò da fare fino alle cinque del mattino non me lo so spiegare. Penso a quella famosa frase che recita: la notte è fatta per dipingere e per amare, poi guardo i miei pennelli secchi e penso che la notte forse oggi ha preso tutto un altro significato. Di amore non se ne parla proprio e grazie a questa mia prima riflessione mi convinco che forse, a quarantena terminata, è ora di trovarmi una donna, ma va bene pure un cane.
Ci penserò, dopo aver fatto colazione avrò sicuramente le idee più chiare.
Apro il frigorifero e mi compiaccio per la grossa spesa fatta qualche giorno fa dopo un'attesa snervante in coda al supermercato. Non è poi stata così stupida la corsa ai rifornimenti di alcuni italiani in tempi non sospetti, penso, mentre noi furbi ora dobbiamo sorbirci code interminabili.

Forse è meglio non pensare, penso, andrò a buttare la spazzatura così colgo l'occasione per fare due passi, sempre che il vicino non mi denunci. Guardo fuori, niente sole, un'altra giornata di merda. Cambio idea, la spazzatura può aspettare, la metto fuori. La temperatura dovrebbe conservarla ancora per qualche giorno, sempre che i gatti del vicino non decidano di farsi un giro da queste parti. Sarebbe carino da parte loro, ho bisogno di un contatto, va bene anche un gatto.
Ok, sono sveglio. Giro per casa cercando di capire cosa potrebbe occupare il mio tempo, la mia giornata. Mi avvicino alla libreria, forse un po' di lettura. Ancora.
Il muro di Sarte mi chiama, è giorni che mi chiama. Ma io non sento, sto perdendo l'udito, sarà colpa del virus? Agguanto Seneca, la fermezza del saggio e altri scritti, lettura sospesa, potrebbe aiutarmi penso, Lo apro, leggo le prime righe, due volte, non riesco a seguire, lo richiudo.
Forse meglio un catalogo d'arte, mi dico ad alta voce, forse meglio con delle immagini. Klee? No, il surrealismo. In fondo è quello che stiamo vivendo. Anche questo però è pieno di parole piccole piccole che avrebbero un grande significato in altri tempi: la cultura ci salverà. Cazzate penso, niente e nessuno può salvarci da noi stessi!
Il pessimismo invade nuovamente la mia anima. Riapro il frigorifero, mangio. Sto ingrassando.
Devo fare movimento: corsa sul posto, flessioni addominali. Dall'alto del mio sguardo vedo la panza lievitare, mi getto a terra e comincio a freddo con gli addominali. Al quinto sono stremato e la panza è ancora al suo posto, più gonfia che mai. Ne avrei bisogno ma ricordo di essere sempre stato contrario a grossi sforzi fisici e che la forma fisica non è mai stata tra le mie priorità. Per cui mi rialzo, per oggi può bastare.
La casa è ormai una fogna, il disordine regna ovunque, le pulizie diventano ora la mia priorità. Intento un riordino: stoviglie sporche, bottiglie vuote e briciole di pane regnano incontrastate sul piano della cucina da giorni. Mi attivo, ma subito mi disattivo.
Tutto resta com'è anche oggi.
Mi butto sul divano, raccolgo la chitarra e comincio a suonare senza grandi pretese. Rigorosamente Carosone. Mi registro per l'ennesima volta, forse posterò anche questo video che strapperà qualche sorriso, e molta ilarità ma poco importa. L'alternativa è piangere, per cui mi lancio e suono e registro.
Il buon umore torna a farmi compagnia, accendo il computer e controllo il bollettino di guerra, peggio di ieri. Il buon umore mi abbandona nuovamente.
Intanto si sono fatte le cinque del pomeriggio e io ho ancora fame. Mangio, e mentre mangio penso a com'era bello quando il tempo ti sfuggiva di mano, quando le giornate correvano e tu con loro.

La digestione mi mette sonnolenza, è così da sempre, scendo le scale e mi avvio in camera. Il letto sfatto da giorni è una istallazione a cui non resisto. Mi getto su di lui e tento di abbracciarlo a più non posso, i sogni che mi origina sono al momento l'unica realtà oggettiva di cui ho bisogno. Dormo.
Al mio risveglio tutto è come prima, tranne l'ora. Sono le nove di sera e ho nuovamente fame. Mangio.
Fuori governa il buio e il silenzio, dentro il caos e la noia. In parlamento un nuovo decreto e sempre il caos. Nella mia testa solo il caos.
Cerco aiuto e torno all'arte, guardo la mia opera che attende d'essere conclusa mentre riposa stanca sul cavalletto. La guardo, mi guarda. Il tempo passa e non una sola carezza mi accingo a farle. Concludo che l'arte non solo non salverà il mondo, ma non salverà neanche me da questo stato torbido e confuso in cui siamo precipitati e comincio ad odiarla per avermi illuso.


sabato 14 marzo 2020

Re Virus


C'era una volta un laboratorio, e forse esiste tuttora, di cui non si conosce ne il luogo ne i nomi dei grandi biologi che vi lavoravano, che diede vita a un virus piccino piccino ma con un grande futuro! Era talmente bello e indipendente che i loro creatori decisero di incoronarlo diventando così re Virus.. L'incoronazione, avvenuta molti anni fa, fece da subito capire al piccolo Virus quanto radioso sarebbe stato il suo futuro, un futuro da re.

Era talmente indipendente e fiero di sé che un giorno decise di scappare dal laboratorio con un grande desiderio: girare il mondo. E così fece.
Si accorse però, da subito, di non avere ne gambe ne zampe che lo avessero potuto aiutare nel suo vagabondare, per cui dovette cercare al più presto un mezzo di trasporto e lo trovò prima nei pesci, su cui ci si appiccicò con molta facilità e poi, non contento di perlustrare solo i mari, nell'uomo.
La terra lo attirava molto più del mare, era bella, luminosa di giorno e stellare di notte, in quanto all'uomo era il miglior mezzo di trasporto potesse mai trovare. Saltava da un umano all'altro e questo gli permetteva non solo di moltiplicarsi, ma anche di spostarsi con più velocità da una parte all'altra del continente in pochi giorni. Era euforico!
Poter vivere e viaggiare in tutta comodità su corpi più grandi di lui, piegandoli al suo volere, modificandone addirittura la vita lo faceva sentire onnipotente. Alle volte la sua troppa euforia riusciva però a soccomberli ma a lui poco importava poiché era lo stesso che facevano gli umani con gli animali, si diceva tra se e se, e questo bastava a soffocare ogni rimorso.
Per sua indole preferiva gli uomini più vecchi, meglio se malati, ma non disdegnava neanche i giovani deboli o chiunque avesse problemi fisici. Non era un gran combattente e gli veniva più comodo appiccicarsi a uomini indifesi.
Gli anni passarono e lui cominciava a sentirsi talmente onnipotente che il solo viaggiare e condizionare la salute degli uomini non gli bastava più. Voleva impossessarsi anche della loro economia e deciderne le sorti. La sua autostima crebbe quando si accorse che alcuni esseri umani, che avrebbero dovuto temerlo perché capace di uccidere, cominciarono a scommettere su di lui, sì insomma ci puntavano del denaro come se giocassero a una corsa di cavalli in cui lui era il favorito. Il piccolo Virus era orgoglioso di questo ma anche stupefatto di scoprire quanti uomini privi di etica esistevano al mondo, proprio come lui e questo aumentò la sua determinazione.
Re Virus diventava sempre più potente e la popolazione non riusciva più a fermarlo. Si infiltrava in ogni raduno, in ogni assembramento saltando da un individuo all'altro e gli uomini dovettero privarsi della loro libertà per tentare di debellarlo, evitare ogni contatto, portare mascherine di cui lui faceva grasse risate passandoci attraverso perché era talmente piccolo e invisibile che nessuna barriera poteva fermarlo.
Così la paura cominciò a regnare tra gli umani, grandi e grossi com'erano venivano sconfitti da un essere così piccolo e inarrestabile. Il suo potere diventò immenso e capace di condizionare la salute, la vita e l'economia mondiale in breve tempo. Dove non si moriva di malattia si moriva di paura o di fame. I grandi capi della comunità terrorizzati dai danni che avrebbe potuto creare alla salute, proibirono ogni genere di attività al popolo. Il mondo si impoverì. Il re diventò così presto sovrano di una nuova era dove i poveri diventavano più poveri e i ricchi, che avevano investito su di lui, più ricchi. Questi ultimi però non avevano calcolato che il re Virus, per quanto compiaciuto di avere dei seguaci, non poteva e non voleva fare differenze, gli uomini sono tutti uguali si diceva per cui si appiccicò anche a loro, prima del finire della primavera, spaventandoli a morte.
Fortunatamente arrivò un'altra estate e con essa il letargo di re Virus. Ma le stagioni passano e il re sarebbe nuovamente tornato più forte di prima ma con un nome diverso procurando ancora paura e vittime. Nel frattempo, durante la sua assenza, gli stessi uomini senza scrupolo progettavano scommesse per il suo prossimo ritorno

sabato 8 febbraio 2020

Al mio ritorno. Podcast

https://open.spotify.com/episode/0vmIqeZ1gfScjvuiqsVjc1?si=EKuNXrUYSSyRPu3w-yJMRw

martedì 21 gennaio 2020