Seguire con lo
sguardo su un muro virtuale
per cogliere, di un
mondo, l’eterno superficiale.
E schiaffo in
copertina la scorza dei miei umori.
Il pubblico
pagante, che tosto resta alle apparenze,
si compiace della
svista emulando poi rumori.
E quel suono
immaginato, se si accosta ad un aspetto,
si fa largo sulla
strada che conduce fino al petto.
Tutto e niente su
quel muro, come graffi su parete
laddove tracce di
un passato ingarbugliano mie mete.
Clic
L’imprudenza, che
riattiva l’accensione, suggerisce
manutenzione di un
motore ancora caldo.
Innocente, fuor di
dubbio, ma l’effetto che ne consegue
mi sollecita a
un’ispezione, che conferma tuttavia
un’antica
intuizione.
Clic
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