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lunedì 10 aprile 2017

A est del labirinto



La luce ha appena varcato la linea dell’orizzonte in questo nuovo giorno di primavera. Lui ancora dorme all’ombra d’invalicabili mura. Ci vorrà ancora qualche ora prima che possa scorgere anche solo un primo raggio di sole. Come ogni mattina gli accarezzerà il volto costringendolo ad abbandonare l’incantato mondo dei sogni per l’unica realtà che conosce.
I sogni, che si ripetono identici da circa trent’anni, lo cullano nelle lunghe notti passate tra un vicolo e l’altro, a stretto contatto con l’umida e ombrosa terra, tra alte e infinite mura e sotto un cielo a volte benevolo e altre volte no. E’ la sua casa. Ma di quei sogni, che il giorno lo tormentano, vaghe figure, profumi e voci sottili che non gli appartengono scrivono le sue notti.
Ora è sveglio. Il sole è sufficientemente alto tanto da poter allungare le sue lunghe braccia perpendicolarmente tastando il suolo, aggirando così le mura che ogni cosa interrompono.
A fatica muove i primi passi della giornata. Cibarsi è il primo obiettivo. La pietanza, che pare cada dal cielo ogni mattina in un pacco, si trova in uno dei tanti vicoli di questo immenso labirinto di pietra e terra.
Ha visitato ogni angolo di questo luogo senza uscita, ha una mappa incisa nella memoria. Anche oggi non gli sarà difficile trovare il suo pasto, e il posto migliore dove consumarlo.
I vicoli si somigliano tutti; alte mura di circa venticinque metri costituite da enormi pietre dalla forma irregolare e un suolo di terra battuta.  Nonostante questo, ha delle preferenze su dove mangiare e dormire, forse dettate dai migliori pasti gustati oppure dai più reali sogni avvenuti nelle tante notti passate qui.
Anche il sogno di questa notte è tra i migliori che abbia mai fatto, e non solo. La figura illeggibile che lo insegue da anni ha finalmente un volto.  I sogni hanno forse scavato nei lontani ricordi riconducendolo in luoghi e tempi remoti? Si chiede se quel volto esiste, se esiste altro all’infuori di queste mura.
Risposte che una sola parete può dargli, è a est del labirinto, la più esterna. Conosce perfettamente quella parete tanto da essere convinto sia la perimetrale. Sempre che esista un perimetro. Per anni ha immaginato la sua arrampicata, è l’unica ad avere pietre sporgenti a tal punto che è possibile azzardare una faticosa e altrettanto pericolosa salita.
Le volte che ha pensato di farlo non le conta, ma oggi è il gran giorno, quel volto, quei lineamenti così familiari apparsi nel ricordo tramutato in sogno non gli lasciano alternativa. Lui vuole questo ora.
Si incammina a passo veloce, sa esattamente dove sta andando. Dritto per venti passi, destra, dritto per cinquanta passi, destra, sinistra, ancora dritto. Arriva al bivio dove ha inciso sulla pietra il numero dei passi che lo separano dalla parete. Altre volte è passato di qua e altre volte ha contato i passi: trentasei, svolta a sinistra, arrivo.
Venticinque metri di pietre ammassate una sull’altra sono di fronte a lui, è il suo muro.
Il piede sinistro si appoggia sulla prima pietra mentre la mano destra cerca un appiglio, lo trova e il corpo si alza da terra. Poi a destra, un altro appiglio, un’altra pietra sporgente e ancora su. E poi ancora e ancora.
Le mani cominciano a fargli male, ha paura di non riuscire, guarda in basso, quindici metri lo separano da terra, tornare indietro ora è più pericoloso che andare avanti. Rialza lo sguardo: uno stormo di rondini attraversa il fazzoletto di cielo azzurro che da sempre esiste sopra la sua testa. La vita è sopra, la morte sotto. Alza il braccio sinistro indolenzito, tasta la pietra, cerca una presa, la trova. Ancora su, un altro metro, e un altro metro ancora. Il cielo si dilata mentre l’aria calda che ora lo avvolge sembra sostenerlo, abbracciarlo, cullarlo.
L’aria accarezza ora la sua mano al sole, è l’ultima pietra. La luce lo acceca, serra gli occhi, un ultimo sforzo con le gambe. E’ fuori.
Con le palpebre ancora chiuse, seduto, respira affannosamente, la scalata lo ha infiacchito ma i profumi e il calore che avverte sono già parte del premio che attendeva. Sorride, è cosciente del fatto che a una salita corrisponda sempre una discesa, ma non se ne preoccupa. Dovesse anche volare giù come un angelo e sfracellarsi al suolo ne sarebbe valsa comunque la pena.
Ma la sorpresa più grande è davanti ai suoi occhi adesso aperti. La parete in pietra che dà verso la libertà è alta solo due metri e mezzo.
Un urlo e un grande salto. E’ libero. Circondato da boschi. Prende una direzione qualsiasi e comincia a correre e correre, e finiscono i boschi e cominciano i prati e i campi di granoturco e i pascoli e.
Una collina verde davanti a sé, si inerpica rapidamente con la frenesia che cresce nel suo animo. A breve potrà finalmente osservare il mondo che non ha mai conosciuto, e cercare tra milioni di persone, di cui ne spera l’esistenza, quel volto apparso nel sogno. Con il fiato corto giunge in cima.
Una distesa senza fine di labirinti in pietra si estende fino all’orizzonte

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