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sabato 27 aprile 2013

Il gioco misterioso





Gli regalarono il dono più bello, qualcosa che lo faceva sentire felice, un regalo che attendeva da anni.
Non è importante che voi sappiate cosa, ciò che conta è quanto lui desiderava possedere quel regalo.
Era composto da elementi che avrebbe dovuto assemblare.
Ci voleva tempo, diversi giorni forse, e le sue piccole mani e la bassa statura limitavano la messa in opera della parte alta, ma il suo ingegno era tale che nulla lo avrebbe fermato, tanto meno un problema d’altezza.
Ricordo che non perse tempo: la sera stessa cominciò ad assemblare i pezzi uno a uno, con la fretta e la tenacia di chi non sa resistere, di chi non vede l’ora di ammirare l’opera compiuta.
I suoi occhi brillavano da quanto era appagato e sembrava accarezzare quegli oggetti ogni qualvolta ne prendeva uno tra le mani.
Tutte le volte che un nuovo pezzo si andava a incastrare al proprio posto, lui si fermava, si allontanava di un metro e restava in ammirazione, immaginando come avrebbe potuto essere grande e forte quando finito.
Aveva recuperato in fretta e furia cassette vuote dell’acqua minerale in bottiglie di vetro, quelle di plastica da nove: sono resistenti a sufficienza e si possono impilare una sull’altra. In questo modo sarebbe riuscito, nei giorni a venire, quando era tempo di finire la cima più alta, a raggiungere qualsiasi altezza.
Non gli mancavano coraggio e l’astuzia al giovane sognatore.

Un giorno però qualcuno d’inaspettato raggiunse la sua stanza. I vicini di casa, con la loro piccola bambina Berta, si erano trasferiti da qualche giorno nella casa di fronte e, quel pomeriggio, decisero di bussare alla sua porta per le dovute presentazioni.
Berta fu presto indirizzata dagli adulti nella sua stanza, il bimbo non le riservò molte attenzioni, era troppo impegnato con il nuovo gioco, e quando vide la bambina manipolare i pezzi del suo regalo, se la prese a male, ma non disse nulla.
Senza mai perderla di vista la lasciò fare. Tentò addirittura di sopprimere quel senso di gelosia e possesso che cresceva nel vederla prendere sempre più confidenza.
Quando poi Berta e i suoi genitori decisero di andarsene, fu un sollievo per lui. Non che Berta non gli piacesse, al contrario, ma il desiderio di realizzare al più presto il gioco dei suoi sogni lo pervadeva.
Non riusciva a concentrarsi su altro che non fosse la sua costruzione.
Da lì a poco riprese mano all’assemblaggio, dunque, ma una triste rivelazione lo ferì enormemente: la scomparsa di un pezzo, un elemento estrapolato dal cuore del gioco.
Dopo avere cercato inutilmente per tutta la stanza, cominciava a chiedersi se Berta si fosse impossessata di quel pezzo. Dubitava di lei adesso, tutto l’assemblaggio era a rischio ora. La rabbia lo assalì e decise di non portarlo più a termine.
Dopo alcune settimane però la fiducia riconquistò nuovamente il suo cuore, pensava che forse un giorno quel pezzo si sarebbe ritrovato, dopotutto serviva ancora tempo e la struttura sembrava rimanere in piedi. Accatastò una nuova cassetta e si rimise al lavoro.
Tutto sembrava procedere per il meglio: i pezzi s’incastravano perfettamente e la sagoma che ne veniva fuori rassomigliava sempre più all’immagine tracciata nella sua mente quando ancora tutto questo pareva irraggiungibile.

Il giorno seguente si presentarono alla sua porta Berta in compagnia dell’amico Teo.
Berta gli aveva parlato del grande gioco e si era incuriosito tanto che ora non stava più nella pelle.
Alla vista del gioco, anche Teo ne rimase affascinato e la tentazione di toccare per esplorare fu irrefrenabile.
Si gettò sulla struttura con impeto, cominciò a tastare, spostare, mischiare fino a che, a un certo punto, una parte della costruzione cedette mandando su tutte le furie il povero bimbo che da giorni ci lavorava.

Passarono i giorni e la notizia del gioco misterioso aveva fatto il giro dell’isolato. Altri bambini si erano presentati alla sua porta e a ognuno di loro era concesso di tastare, spostare, mischiare e rimuovere elementi di una struttura che ormai stentava a stare in piedi e cambiava continuamente d’aspetto senza averne mai uno vero che somigliasse a qualcosa.
Molti i pezzi persi, rubati, rotti. Il gioco misterioso si era dissolto tra le mani di altri e così, una mattina, decise a malincuore di demolire ciò che restava e gettarlo.
La sua stanza ora era di nuovo vuota, ricolma solo di sogni irrealizzati.
Bambini dell’isolato trattenevano pezzi del suo gioco che, soli, avevano poca utilità.
Si era liberato di ogni elemento. Non aveva alcun senso possedere solo alcune parti inutilizzabili se non per collezionarne l’esistenza, ma il collezionismo non era tra i suoi hobby preferiti. Non avrebbe mai accumulato componenti di giochi inservibili e men che meno non suoi. Gli incastri non avrebbero funzionato e sarebbe stato breve godimento.
Il suo era un desiderio più grande; un gioco perfettamente funzionante che solo con tutti i pezzi a disposizione si poteva realizzare.
La sua generosità, dunque, non era stata ricompensata; nonostante avesse accettato che altri manipolassero i fragili elementi del gioco, nonostante avesse soppresso paura e gelosia per un regalo tanto atteso, nonostante tutto il lavoro, la pazienza e la fiducia concessa a chiunque fosse entrato in quella stanza, nonostante tutto questo, aveva perso.
Non aveva perso però la voglia di sognare, al contrario, i suoi sogni erano diventati più forti e reali; aveva compreso che mai nessuno avrebbe potuto smarrire o rubare gli elementi da cui sono composti, perché esistevano solo nella sua testa e, a quella porta, nessuno mai avrebbe bussato e i giochi sarebbero rimasti intatti, reali e forse perfettamente funzionanti.

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