"Cerco d’essere obiettivo tralasciando il soggettivo".
Mi risponde un fazioso che si spaccia per imparziale.
Io mi oppongo al dichiarante e gli dico che si sbaglia.
Lui si drizza come un piedritto e poi ribatte con durezza, per dispetto o irritazione.
E' il suo impulso naturale, e s’inclina alla sua indole che intabarra il suo equilibrio.
Io insisto sull’obiettivo che si trova all’altro capo, e agitando l’inflessibile metto fine all’impossibile.
Il ribelle soggettivo vive al buio del suo parziale, e non ode lo sbraitare di ragioni equidistanti.
Al di sopra delle parti non vuol dire sovrastante ma lo lascio nel suo credo e mi adeguo a quell’istante con il dubbio e l’amarezza per parole senza odore.
Lo svarione poi mi passa e ritorno al mio bersaglio, e mi sento un po’ migliore quando vedo un circoscritto, e m"illudo più elevato nella mia complessità.
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